lunedì 6 agosto 2012

Sponsor e Olimpiadi: il ruolo della pubblicità nei Giochi Olimpici

Forse le Olimpiadi come noi le conosciamo non esisterebbero se non ci fossero gli sponsor. O forse sarebbero semplicemente meno sfarzose, meno spettacolari, di conseguenza ci sarebbero meno dirette, si gareggerebbe in strutture meno nuove, non costruite appositamente per l'evento ma, in definitiva, non è detto che sarebbero delle Olimpiadi di livello inferiore. Comunque gli sponsor ci sono, si sono sempre stati e forse ci saranno sempre, anche se il loro coinvolgimento è fortemente mutato ultimamente.
Esistono quattro tipi di sponsor, raggruppati a seconda dell'investimento.Tutti insieme hanno investito in questa XXX Olimpiade di Londra 2012 qualcosa come 2,2 miliardi di dollari. E' quindi logico che, come dicono sul Washington Post, vogliano farla da padroni.
Gli sponsor, come detto, vengono suddivisi in quattro categorie: ci sono gli sponsor principali, che operano a livello mondiale, che hanno investito 100 milioni di dollari ognuno, poi ci sono quelli di primo livello con un  impegno di 63 milioni di dollari, quindi i sostenitori con 31 milioni e infine i fornitori con 15 milioni. 
Il Guardian ha preparato un'infografica e una lista di tutti gli sponsor: London 2012 Olympic sponsors list: who are they and what have they paid? chi sono e quanto hanno pagato? Eccone una parte:





Sono 53 sponsor, che hanno investito globalmente 2,2 miliardi di dollari, come detto. Ma, come scrivono sul WP [vedi Put down that Pimms! Games organizers defend sponsors’ rights with Olympian muscle], una conseguenza di questo imperio degli sponsor è che  gli organizzatori di Londra 2012 si sono messi su una strada di zelante difesa del logo olimpico che li ha portati sia a diffidare dall'inserire i cinque anelli o la mascotte di Londra 2012 perfino sulle torte di marzapane di un concorso locale sia ad intentare cause miliardarie a chi usava i brand olimpici senza averne il diritto. La qual cosa, chiaramente, quando la scure legale degli avvocati, senza distinguere tra saga di paese e uso fraudolento del marchio, ha colpito grandi e piccoli, si è  attirata le antipatie della gente. E così, Michael Payne, ex direttore marketing del CIO, punta il dito contro questo modo di agire:
He blamed London organizers for creating outrage that will only boomerang on the very sponsors they seek to protect.
ha accusato gli organizzatori di Londra 2012 di aver generato un effetto boomerang sugli stessi sponsor che si voleva proteggere. Ma non è finita, ecco qualche altro esempio:
Pimms, that quintessentially English liqueur, cannot be listed on any menus during the games, even at Wimbledon, where tennis is taking place and where Pimms is as traditional as strawberries and cream. The gin-based drink, which is not an Olympic sponsor, is instead being referred to as “No. 1 Cup.”
Pimms, la quintessenza dei liquori inglesi, non compare più con il suo nome sui menù ma solo con la seconda  parte No. 1 cup, che non contiene indicazioni di marca, perchè non è uno sponsor olimpico. Oppure
And the Goodyear Blimp, ubiquitous at sporting events around the globe, has been stripped of any corporate reference, prompting more than a few double-takes from sky-gazing fans.
Il classico dirigibile Goodyear, costretto a perdere le scritte. O ancora, alcuni addetti hanno applicato del nastro adesivo sui loghi dei computer dei giornalisti, perchè pur essendo famosi non figuravano tra gli sponsor. Insomma, è stata dichiarata una vera e propria guerra a  tutto ciò che non era sponsor ufficiale, finanche nei bagni degli atleti. In questa zelante guerra in difesa degli sponsor ufficiali il governo britannico ha dato una piccola mano, con una norma maggiormente restrittiva su tutto ciò che riguardava le Olimpiadi, dalla parola agli slogan, relegandoli in una sorta di limbo intoccabile.

E' questa una conseguenza accettabile dell'ingresso massiccio degli sponsor nel finanziamento dei Giochi Olimpici? Certo che guardando indietro nel tempo, l'antico dilettantismo oltre essersi perso per strada è stato soppiantato da professionismo e affarismo, ma detta così si potrebbe pensare che sto gettando la croce addosso al business olimpico. Payne, nello stesso articolo sul WP dice una cosa che richiama lo slogan di una pubblicità, grosso modo questa: no sponsor, no Olimpiadi. Ma è realmente così?
Inoltre, la stessa cosa potrebbe dirsi per l'acquisto dei diritti televisivi, notoriamente acquistati da Sky dalle nostre parti e poi rivenduti, in piccola parte, alla Rai. Per assurdo, se la Rai non avesse voluto comprarli o Sky non avesse voluto rivenderli, gran parte del pubblico non avrebbe visto le Olimpiadi, se non per i brevi filmati nei servizi giornalistici.
La dittatura degli sponsor esiste, come esiste quella televisiva. Il mondo è orientato al business e le Olimpiadi non fanno eccezione. In fondo, si potrebbe dire che le gare sono un fatto accessorio, l'essenziale è la presentazione, la creazione dell'evento, e l'esclusività del farne parte. Ma i Giochi Olimpici ridotti al personale che applica del nastro adesivo sui marchi dei computer, o che maschera  i loghi nei bagni degli atleti, o fa  sparire parte dei nomi delle consumazioni dai menù  mi suona come la perdita di qualcosa, una tendenza così in contrasto con la libera condivisione che c'è sulla rete da sembrare proveniente da un altro mondo. Del resto il mondo degli affari è un altro mondo e, visti i tempi che corrono, sembra che ne siamo proprio schiavi.
E' vero che l'investimento dello sponsor deve essere tutelato e dietro la difesa del marchio, così a caro prezzo acquistato dagli sponsor, passa l'inquisizione delle battaglie legali, ma tutto questo finisce per rendere sempre più finto tutto l'evento. Già un duro colpo allo sport in generale lo infligge l'uso di doping, la scoperta di truffe e partite vendute, se poi ci si mette la dittatura dello sponsor, è finita. Fin dove arriva il potere di questi sponsor? E, per citare un vecchio presidente di calcio del tempo che fu, Costantino Rozzi, esiste una cosa come  la sudditanza psicologica nei confronti di questi sponsor, che agisce  in maniera inconsapevole per favorire lo spettacolo a tutti i costi?

Siccome non so rispondere vi lascio con un filmato, che placa gli animi e dispone all'ottimismo. L'ha realizzato la BBC e si intitola  How much does it cost to stage the Olympics?  L'articolo che lo accompagna è questo: London 2012: The great Olympics sponsorship bandwagon. Devo dire che bandwagon, carrozzone, ci sta proprio bene e l'articolo si inserisce nel filone critico, o parzialmente critico. Si riprendono i temi trattati sul WP, con un raffronto storico con le altre edizioni.






imagecredit
dalla rete
guardian.co.uk

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