sabato 15 settembre 2012

Il risvolto della medaglia della primavera araba: gli attacchi alle ambasciate?

Molti di coloro che osservano gli eventi nel vicino Medio oriente rimangono stupiti dagli ultimi episodi di violenza. Sembrava che i recenti avvenimenti di quella che viene chiamata la primavera araba, che nel giro di poco tempo ha spazzato via regimi che resistevano da decenni, portasse finalmente la democrazia in quei paesi. Ma c'era anche chi era preoccupato su quelli che potevano essere i sostituti dei dittatori spodestati.
Con la scusa di un filmato blasfemo sulla vita di Maometto si sta scatenando un attacco forsennato alle ambasciate occidentali che, onestamente, poco ha della protesta spontanea. L'idea che circola è che gli attentati costati la vita a quattro diplomatici statunitensi e le molte manifestazioni contro le ambasciate con altri morti non siano propriamente spontanee.
L'importanza del misterioso film che prende in giro Maometto (film che forse neanche esiste), la concomitanza con l'anniversario dell'11 settembre, la premeditazione delle proteste, la partecipazione alle stesse di nostalgici di Gheddafi o di jihadisti vicini ad al Qaida - di cui il giorno prima il capo Ayman al Zawahiri aveva confermato l'eliminazione del numero 2, un libico, ad opera degli Usa - al momento sono delle incognite. Alcune di queste incognite possono essere estese alle manifestazioni anti-americane e anti-occidentali in altri paesi arabi, Egitto, Yemen e Sudan in particolare.[Limes, Le conseguenze internazionali dell’assalto alle ambasciate]

Il mondo è potenzialmente destinato all'instabilità perpetua. Mentre le folle inferocite che scacciavano i dittatori erano, in generale, ben viste, non immaginando che dietro quelle rivolte potesse esserci altro che la ricerca della libertà ora, che in nome di un (probabilmente solo pretestuoso) rispetto assoluto per il profeta si sta scatenando un'altra ondata di violenze, gli stessi osservatori avranno modo di vedere le sommosse da un altro punto di vista.

Non è escluso che si tratti di una nuova (vecchia) frontiera degli attentati di Al Qaeda: mentre tutti aspettano l'attacco deflagrante i terroristi lavorano nell'ombra per scatenare un autunno arabo contro l'occidente.

Pure se ero tra coloro che appoggiavano l'ondata di rivolta della primavera araba temevo, in cuor mio, che la mancanza di un'abitudine alla libertà portasse molti, e alcuni volutamente, a cavalcare la protesta per imporre, alla fine, un altro genere di governo forte.

E non si può dimenticare la Siria. Il Medio oriente, ora più che mai, appare contagiato dal virus dell'instabilità. O sono gli ultimi governi forti ancora rimasti a esercitare la violenza, come in Siria e Yemen oppure, in quei paesi dove ci sono stati cambi di governo e nuove elezioni, non si è comunque placata la sete di proteste.

Si veda questo filmato postato su Al Jazeera sugli attacchi alle ambasciate e, subito sotto, questa mappa dei disordini in Medio oriente tratta da The Atlantic Wire.

Se questo è il destino dei paesi arabi quando riescono a liberarsi dei dittatori c'è da domandarsi se sia, in definitiva, un bene. La caduta del potere forte che governava con pugno di ferro gli animi tumultuosi del Maghreb espone a gravi rischi il fragile processo democratico, ancora ai suoi primi passi. Vi è il rischio, come detto, che in un modo (come risposta alla blasfemia occidentale) o nell'altro (per governare questa nuova ventata di proteste) si instauri un nuovo governo forte, anche se di altro tipo.
Per quanto riguarda il mondo  occidentale sarebbe forse il caso di mostrare maggiore senso di responsabilità: non lo giudicherei come un attentato alla libertà di espressione se, nel frattempo, la si smettesse di tirare in ballo Maometto o di bruciare il Corano e si lasciassero raffreddare gli animi. 15 minuti di pellicola, una vignetta o un piccolo falò possono avere delle conseguenze tragiche, e bisogna tenerne conto.
imagecredit theatlanticwire.com

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