giovedì 28 agosto 2014

Donazioni e malattie: non sono quelle che fanno più vittime a ricevere più soldi. Un'infografica

Lo spunto è dato da questa campagna delle secchiate d'acqua gelata per la raccolta fondi in favore dei malati di SLA, che sta spopolando ovunque. Alcuni hanno azzardato meno secchiate e più soldi, altri dicono che va comunque bene così. C'è però chi riflette sul massimizzare le donazioni, anche se questo potrebbe voler dire relegare negli ultimi posti alcune patologie rare o che fanno meno morti.  Per esempio, tanto per restare in tema SLA, negli Stati Uniti questa malattia causa 6.849 morti l'anno e raccoglie in media quasi 23 milioni di dollari. A confronto, una patologia come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, che causa quasi 143 mila morti l'anno, raccoglie solo 7 milioni di dollari. Sembra esserci una grande sproporzione. Se poi uno guarda questa infografica apparsa su Vox, che confronta donazioni e cause di morte, si può rendere conto di quanto l'entità dei fondi raccolti non corrisponda alla mortalità: le patologie cardiache, che causano quasi 597 mila morti l'anno, ricevono in donazioni 54 milioni, un quinto di quello che riceve il cancro al seno che causa meno di un decimo delle morti cardiache.





Per questo motivo, c'è chi sostiene che sarebbe meglio donare preferibilmente alle  grandi organizzazioni che si occupano di beneficenza più che ad ogni piccola, seppur valevole, causa. Si afferma che donare a una grande organizzazione raggiunge 100 volte più persone bisognose di quante ne raggiunga un'iniziativa sporadica come l'Ice Bucket Challenge. E così, ogni 56 mila dollari di donazioni si aggiunge un anno di vita a chi soffre di SLA ma con la stessa cifra si aggiungono 500 anni di vita a chi è a rischio malaria.
D'altra parte, seppure da un punto di vista strettamente utilitaristico possa affermarsi che è sempre meglio curare il maggior numero di persone con un dato importo  è giusto considerare due cose:  che la donazione nasce anche da sensibilità individuali che possono risentire di esperienze passate e che, pure se una patologia fa meno morti di un'altra, chi ne soffre non si sente per questo un privilegiato.
La verità è che, probabilmente, i fondi andrebbero distribuiti secondo le possibilità che hanno di giovare alle vite dei malati, senza dimenticarsi di distribuirli in maniera proporzionale tra le varie patologie. E qui sembra giusto affermare che le grandi organizzazioni riescono a gestire e distribuire meglio i fondi, rispetto alle iniziative estemporanee. Ma la generosità segue anche l'estro del momento, e allora è meglio essere tentati, ogni tanto, da una buona campagna pubblicitaria piuttosto che aspettare di ricordarsi che le organizzazioni caritatevoli sono lì che, silenziosamente, aspettano.

grazie a Bruna su Facebook

image credits  www.vox.com

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